giovanni giannini

luciana schiroli

L’Artista, che reca in sé tre anime (ceca, italiana e parigina) è uomo del suo tempo e sempre ha sentito in profondità il rapporto tra arte e società : il segno e il colore di GIANNINI sono stati per anni la denunzia di un malessere, fatto di isolamento,  alienazione, solitudine : e Parigi è stata protagonista delle sue tele, la Città palcoscenico nella quale si muovevano i suoi personaggi, dinamici e statici al tempo stesso, avvolti dal turbine della velocità e della frenesia, ma di per sé silenziosi, privi di comunicabilità.

E la denuncia diventò nel quadro vertigine, contorsione paesaggistica, trasfigurazione della figura umana, coscienza di una progressiva perdita di valori e ideali. Ma, accanto alla lacerazione e al materialismo, perdura nell’animo e nelle tele dell’artista lo spirito slavo, più dolce e contemplativo, che trova in quella luce, fatta di colore di miele e d’oro,  il suo riflesso più intimo e vero.

Un discorso amaro, che sfociò, nel 1990, nella violenza dei “pinocchi”, grottesche allegorie di false mitologie, emblemi di una confusa condizione del vivere, di quel disagio che in quegli anni viveva l’est europeo : anche qui, sotto il tratto trasgressivo di un pinocchio violento, digrignante, ribelle e accusatore, si celava una melanconia tutta kafkiana, il sospirato desiderio di un’armonia perduta.

E poi, da Parigi nacquero le “donne”, tutte sinuose, come quelle colline toscane che GIANNINI non ha mai smesso di  dipingere, dall’incarnato rosato e dai grandi occhi espressivi : una DONNA – questa – semplice e un po’primitiva, libera da mascheramenti e travestimenti, robusta nei tratti e nel sentimento, dallo sguardo aperto e generoso.

Sono figure quasi titaniche, dai volumi corporei prepotenti, leggermente deformati in senso prospettico, avvolte da fluidi capelli che cellano pensieri e desideri, ma sole comunque : una piccola tazza, ritratta con una precisione giottesca, o una piccola casa, in fondo, lontana, confermano il legame tra l‘uomo, piccola fibra di un grande universo, e la natura, fatta di piccole cose, tanto importanti.

 

 Un corpo umano - tutto femminile, perché di donna si tratta, domina a scena del grande foglio, sul quale le forme decisamente plastiche dei volumi corporei si intrecciano e si librano in due movimenti contrapposti: ora si avverte la presenza quasi titanica delle masse che s’impongono con una frontalità che non lascia scampo, ora invece lo sguardo dell’osservatore lievita attraverso la morbidezza curvilinea dei gesti e delle pose in uno spazio aereo, privo di ogni riferimento temporale.

Sono proprio i Nudi” a essere in mostra nello spazio espositivo “Raffaella Silbernagl Arte Contemporanea” di Daverio, in provincia di Varese: esaminiamone due da vicino.

Prendiamo in esame il <<Nu>> che Giannini ha posto in un ipotetico paesaggio campestre, tra una scodella, di qua, in primo piano, e un albero, di là, dietro la figura. Ebbene, il corpo femminile, che vibra attraverso i sapienti tratti del pastello, di un’energia vitale quasi michelangiolesca, di un’intrinseca forza pronta a esplodere in modo visibile e aggressiva, è pressoché chiuso in se stesso, in un atteggiamento di meditata pausa, forse riflessione, mentale e fisica assieme, che obbliga tutti gli arti a un composto serrarsi: e così le braccia si intrecciano mollemente sulle ginocchia e le gambe si contraggono serrate. Ne esce un corpo che è un’unica forma nella quale ogni elemento - capelli compresi viene smussato senza tuttavia perdere la sua tipica connotazione fisica.

Oltre alla forma ovoidale, che racchiude intensamente dentro, al centro, tutta l’energia periferica, l’altrettanto sapiente gioco chiaroscurale individua zone forti e zone deboli, vigorosi le prime, quasi violente, dolci e morbidissime le altre.

Un’unità di opposti che trova la sua giustificazione anche nell’esserci di tutti i giorni, lei, essere quasi emblematico e dunque universale, in uno spazio preciso della temporalità, che la scodella e l’albero rivendicano minuto per minuto. Una condizione, anche quest’opera, emblematica di una situazione esistenziale che solo nella nudità-meditazione ritrova interamente se stessa, avvertendone al contempo sopite inquietudini e disperate utopie.

Un nuovo <<Nu>> ci immette subito, attraverso una prospettiva volutamente insolita, che, quasi lente, dilata alcuni particolari, nel mondo dell’utopia, nel sogno: e il corpo dal ventre prominente sembra attraversare quel vento, che fa scivolare i capelli all’indietro. Le forme anatomiche sono smussate, il braccio e la mano si abbandonano, i seni si rilasciano più dolci e lievi, il collo e la testa sono proiettati all’indietro: sembra che gli occhi siano chiusi, ma non si vedono. Un’atmosfera magica, più aerea, circonda questo corpo che si lascia portare: dove non si sa.

Un uomo inquieto e grande sognatore.

E Giannini, grande osservatore dell’umanità, spietato critico dell’ipocrisia e del perbenismo, sofferente interprete dei drammi dell’alienazione e della solitudine, uomo lui stesso inquieto ma al tempo stesso grande sognatore, pronto a tuffarsi in un’oasi prendibile di felicità, seppur momentanea, si riconferma artista di quella mitteleuropa che unisce al progressivo benessere consumistico e fagocitante di un Occidente già tramontato da tempo, il grande sogno dorato e fantasmagorico di un Oriente dove ancora è possibile volare.

1997 presentation

for the exhibition in raffaella silbernagl gallery - milan

 

from 1989

nude theme

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critics

luciana schiroli

nude & yellow car - 100x81 cm - 2012