giovanni giannini

dacia maraini

1968  presentation Dacia Maraini

 

I quadri di Giannini si ricollegano con un particolare procedimento storico e culturale all’Austria del prenazismo, e precisamente al clima culturale  in qui nacquero gli scritti di Kafka, ansi a Kafka stesso.

In questi quadri, come nei racconti di Kafka, troviamo un uomo ridotto a puro meccanismo : un uomo muto e inquieto che spalanca gli occhi su un mondo che gli e estraneo. Quest’uomo, con tanti altri uomini  i quali sono la copia di lui, si avvia tetramente verso il lavoro, la schiavitù, la guerra, non importa. Il suo essere vittima infatti non si distingue dal suo essere carnefice.

L’uomo di Giannini, come l’uomo di Kafka, non comunica, non si esprime, ma vive soltanto, tetramente e passivamente, in un mondo dominato da meccanismi psicologici, accettando idiotamente il prossimo disastro.

É soprattutto questo che lega Giannini alla cultura prenazista. Anche qui come allora c’è un presentimento di morte, di violenza, di catastrofe, che si esprime irrazionalmente attraverso costruzioni di immagini da incubo.

La catastrofe però non e vista in maniera apocalittica, da fine del mondo, ma in maniera tutta moderna, come una riduzione in serie dell’individuo. L’alienazione dell’uomo che ha rinunciato una volte per tutte alla sua umanità per diventare un automa.

Una pittura fortemente simbolica quindi e poco realistica, che si serve di stilemi “naives” per raggiungere certi effetti da incubo. La stilizzazione è accentuata ma non diventa mai decorativa perché non è fine a se stessa ma serve a introdurci in un mondo allucinante in cui gli unici valori sembrano essere quelli della guerra e del lavoro (un lavoro visto come dovere alienante anziché come strumento di vita sociale).

In questo la pittura di Giannini rassomiglia poco alla pittura che si fa oggi in tutto il mondo. La sua polemica infatti non è diretta contro l’uomo ridotto a oggetto in una società di consumo. Il rapporto dell’uomo col denaro sembra non interessarlo affatto.

Più che una pittura occidentale quindi che vive in un mondo consumistico denunciandone la volgarità e il materialismo, sembra una pittura che venga dai paesi dell’est, dove il pericolo per l’uomo è quello di cadere nella trappola burocratica di una nuova società che pretende il sacrificio dell’individuo in nome della collettività.

Una pittura antiburocratica insomma come era antiburocratica e pessimistica la letteratura di Kafka nel mondo prenazista. Resta da vedere se e fino a che punto questo è un discorso attuale.

Ma quello che importa sopratutto è che questi temi siano autentici e non nascano da infatuazioni figurative o intellettuali.

Nel caso di Giannini direi che non c’è niente di esteriore, di falso. I temi che ci propone sono suoi e lo possiamo capire dal suo stile che pur essendo simbolico non e mai manierato, pur essendo semplicistico non è mai retorico né sentimentale.

I colori sono coerenti al discorso politico : grigi, opachi , lunari, rotti da qualche macchia rossa che ricorda il sangue raggrumato piuttosto che l’allegria di un fiore appena sbocciato.

 

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dacia maraini

hockey match - 130x97 cm - 1968