giovanni giannini

livia lucchini

2002 From a Livia Lucchini' book, l'agrifoglio

Storia di una Galleria d’Arte a Milano, Anni Sessanta – Settanta… e poi.

 

Subito dopo la mostra di Amleto D'Ottavi, torna per la terza volta all'Agrifoglio Giovanni Giannini. Egli è ormai noto a Milano: da lui ci si aspetta molto, ed egli non delude.

La mostra non è folta di opere, ma quelle quindici sono bastevoli, tanto il loro vigore è ampiamente espresso. Sono immagini di denuncia urbana e di rabbia - e nonostante questo, o per questo, le opere, pur essendo forti, sono nello stesso tempo belle, anche in virtù di quella particolare tecnica pittorica, inconfondibile. Piedoni enormi calpestano uomini. Uomini che sembrano di gomma, o robot, marciano dietro ai loro simili. Folla enorme di omini identici sono diretti, dove? E poi manone tese nello sforzo di spaccare strutture. Qualcuno avvicina il suo lavoro a Léger. Giannini scrive sul catalogo:

"Perché dipingo? Il quadro per me è uguale al manifesto, strumento di lotta, e per la sua natura al di sopra di ogni partito e politica. Pittura non fine a se stessa, bensì denunzia di tutto ciò che mutila l'uomo-individuo e ne impedisce ogni sviluppo nella attuale società.

Negazione che è sorgente di speranza e fiducia nell'uomo. Mi servo, della pittura per esprimere questa angoscia perché è il solo mezzo di espressione in mio possesso. Ma è evidente che esso è insufficiente, egoista. Infatti il quadro è un unico esemplare, oggetto venduto e riservato a qualche privilegiato. Circolo vizioso, perché dalla sua vendita dipende la possibilità di lavoro del suo autore. Oggetto di speculazione, oppure accettato o rigettato se compiace più o meno una data dottrina politica.

Ma non c'è scelta e nonostante questo problema capitale la lotta è la sola via possibile. Infatti nel mondo futuro dei robot e dell'uomo burocrate, quando l'arte non avrà più alcun senso, ogni grido di rivolta sarà soffocato dal grande silenzìo".

Ancora più delle due precedenti, la mostra riscuote consensi di critica e di vendite ; ma egli, Giannini, è più serio (se ciò può essere possibile), quasi duro. tormentato.

Riparte per Parigi quasi subito, adducendo impegni di lavoro, eppure starebbe volentieri a Milano. Sta volentieri a ragionare con altri pittori della situazione artistica milanese e di politica. Non sfiora mai il tema dei mercato d'arte, eppure, è detto fra le parole, che la vita a Parigi costa cara ; invece parla d'arte e dei problemi dell'uomo.

Giornate tiepide. Colori rosso-gialli nei giardini di via Palestro, quasi uno scoppio di sole nel cervello : le scintille illuminano dentro in profondità, spazzano via le cellule morte, le scorie.

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In galleria arriva subito Pietro Coletta.

"Quando debbo portare le sculture?", mi chiede.

“Domani – dico -, domani mattina. Stasera stacco i quadri di Giannini.

 

1968-1979  prague - robots

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anger - 1971